17 Giugno 2021
L’ipertrofia prostatica benigna è un problema molto sentito nella popolazione maschile, che a dispetto di quanto si pensi non colpisce solo in tarda età. Quali sono i sintomi di questa patologia e quali le possibili soluzioni?
Ce lo spiega in un’intervista il prof. Ivano Vavassori, Direttore UOC di Urologia ASST Bergamo Ovest e Professore c/o Università di Brescia, che opera nella Clinica Villa Margherita di Roma. Il prof. Vavassori è fra i pionieri, a livello internazionale, nella chirurgia con il laser ad Holmio, una metodica non invasiva, che ha un decorso post-operatorio molto breve ed è in grado di restituire la serenità al paziente senza sottoporlo ai rischi di un intervento a cielo aperto.
Prof. Vavassori, qual è l’incidenza dell’ipertrofia prostatica nella popolazione?
Statisticamente, circa l’85% dei pazienti di 70 anni ha un problema di ipertrofia prostatica. L’ingrossamento della ghiandola prostatica è detto ‘para-fisiologico’, perché a una certa età avviene nella maggior parte degli uomini, quindi è un problema di rilevanza sociale notevole.
I più interessati sono i pazienti fra i 65 e i 75 anni. Tuttavia l’ingrossamento della ghiandola prostatica, generalmente, inizia intorno ai 43/45 anni e l’aumento di questa ipertrofia può essere più o meno lento. A incidere sono diversi fattori: una predisposizione genetica del paziente (spesso si tratta di una problematica che accomuna membri della stessa famiglia), l’attività sedentaria e un’alimentazione ricca di grassi saturi. La ghiandola prostatica è una ghiandola lipidica e il suo substrato è il colesterolo. I soggetti che hanno avuto un incremento del tasso di colesterolo nel sangue possono sviluppare più rapidamente questo adenoma e trovarsi anche a 50 anni con delle situazioni impegnative. Una volta si pensava che ad avere la prostata ingrossata fossero solo gli uomini anziani, ma si è visto che non è così. La generazione post bellica ha ancora delle situazioni di ipertrofia prostatica conformi al regime alimentare del passato, ma nelle generazioni successive, che hanno cambiato il tipo di alimentazione, si trovano casi di ipertrofia prostatica in fasce di età molto più giovani. Ho operato pazienti di 48/50 anni che già avevano la prostata particolarmente ingrossata.
Quali sono i sintomi dell’ipertrofia prostatica?
La maggior parte dei sintomi è legata a disturbi della minzione: qualità del getto, frequenza e impellenza con cui si urina. Quando l’abitudine di alzarsi per urinare diventa sistematica, 1/2 volte per notte, siamo di fronte a uno dei primissimi sintomi. La cosiddetta ‘sveglia notturna’ nelle patologie più gravi può interrompere il sonno fino a 6 volte, riducendo notevolmente la qualità della vita. Un altro sintomo è la necessità di urinare con urgenza o di farlo mediamente al di sotto delle 2/3 ore, quindi almeno 10 volte nell’arco della giornata.
Questa patologia può interferire con la vita di coppia?
Spesso sono le rispettive compagne a comprare gli integratori in farmacia o a spingere gli uomini a richiedere una visita urologica. Questo è emblematico, perché l’uomo tende a negare questi disturbi, che possono anche influire sulla sfera sessuale. Primo perché l’ipertrofia prostatica riduce moltissimo l’emissione di liquido seminale, in secondo luogo perché i rapporti sessuali possono peggiorare i sintomi. Qualche volta si può determinare, per via della terapia che si sta assumendo o anche in assenza di terapia, un deficit di erezione, che spesso è collegato alla sfera psicologica. Infatti, se un uomo pensa di avere i genitali interni malati, può avere un’impasse psicologico. Non a caso, in Germania l’intervento che toglie l’adenoma prostatico viene chiamato “intervento del ringiovanimento”. Dopo il laser, infatti, spesso gli uomini riacquistano un vigore sessuale che avevano perso, a maggior ragione se avevano un catetere perché non riuscivano a urinare.
Come si cura l’ipertrofia prostatica benigna?
Il primo passo è intervenire con la terapia clinica, attraverso categorie di farmaci in grado di ridurre sia il volume della prostata sia i sintomi. Quando la risposta ai farmaci risulta insoddisfacente e l’ostruzione determina delle complicanze, quali diverticoli vescicali, calcoli in vescica, infezioni ricorrenti o incapacità della vescica di svuotarsi (uropatia ostruttiva) è necessario intervenire chirurgicamente. Il ricorso alla chirurgia è consigliato anche in assenza di complicanze, nei casi in cui i disturbi siano così invalidanti da compromettere in maniera significativa la qualità di vita.
Come si interviene, dal punto di vista chirurgico?
Esistono diverse tecniche: la più utilizzata è la Tecnica TURP, che rimuove l’adenoma per via endoscopica con un elettrobisturi. Nel caso in cui la ghiandola prostatica sia particolarmente ingrossata o esistano dei problemi di coagulazione, tuttavia, questo intervento è altamente sconsigliato. La prostata è estremamente vascolarizzata e l’elettrobisturi, ‘affettando’ il tessuto, provoca abbondanti sanguinamenti che possono richiedere trasfusioni e cateterismo con lavaggio continuo, costringendo il paziente a un decorso post-operatorio molto lungo. Le metodiche meno invasive prevedono l’utilizzo del laser. Esistono almeno 4 tipi di laser: laser pulsati, laser continui, laser a immersione, laser che si usano in aria per la chirurgia “open”. Si tratta di fonti di energia diversa che hanno un uso differente. Il laser ad Holmio è quello di riferimento nelle unità operative di urologia, perché ha molteplici applicazioni. Viene utilizzato per rompere i calcoli, nelle incisioni per gli interventi endoscopici e, appunto, nella patologia prostatica benigna.
Come agisce il laser ad Holmio?
L’Holmio è in grado di produrre un raggio pulsato, che permette di avere un’emissione non continua, ma ‘a colpi’. A seconda dell’energia che viene erogata in termini di joule, ogni emissione può avere una potenza e una frequenza diverse. Questo fa sì che tale metodica, oltre ad avere il vantaggio tipico dei laser, ossia il taglio e il coagulo immediato, permetta di avere un effetto meccanico, che separa con precisione i tessuti su cui viene utilizzato. La prostata è una sorta di ‘mandarino’ nel quale si riconosce una ‘buccia’ spessa un paio di centimetri, la prostata periferica, all’interno della quale c’è una sorta di ‘polpa’, il cosiddetto adenoma prostatico. L’adenoma viene circondato dal laser e si procede circolarmente per staccarlo dalla prostata periferica. Successivamente viene gettato in vescica, frammentato, aspirato e mandato in laboratorio per l’esame istologico. Il laser non vaporizza il tessuto, che rimane integro e una volta asportato può essere analizzato.
Quanto dura, mediamente, l’intervento con il laser ad Holmio?
Esiste una variabilità legata alle dimensioni dell’adenoma. Questo tumore benigno, che come abbiamo detto cresce in relazione alla predisposizione genetica e all’età, può avere dimensioni che possono oscillare dai 30/50 cc ai 300 cc. In genere, per un volume compreso fra 50 e 80 cc, l’intervento dura all’incirca un’ora.
Quali sono i vantaggi per il paziente?
Questa tecnica permette di effettuare un intervento molto preciso e molto pulito, senza dover incidere l’addome e la vescica. Il laser passa attraverso il canale urinario e questo permette di evitare l’abbondante sanguinamento che si genera negli interventi a cielo aperto. Con il laser ad Holmio non c’è più il rischio emorragia e il paziente viene operato in analgesia locale, quindi si riducono notevolmente la complessità e i tempi del decorso post-operatorio. Ciò consente di dimettere il paziente il giorno dopo. Esistono, poi, dei notevoli vantaggi in termini economici: l’intervento con il laser ad Holmio ha un costo nettamente inferiore rispetto all’intervento di tipo tradizionale, anche per i ridotti tempi di degenza.
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